La definizione di “scrittore” è ormai ampollosa. Scarabocchiano un po’ tutti – me incluso – e molti pensano che la propria vita personale sia un best seller a cui i grandi editori dovrebbero affidarsi, anche se i “grandi” editori non esistono più.
Ci sono persino politici di dubbia moralità e capacità, incapaci di parlare o leggere correttamente, che tuttavia hanno pubblicato libri.
Per questo motivo preferisco definirmi “filosofo”, nel senso originario attribuito a questo termine da Pitagora, secondo quanto riportato da Diogene Laerzio e Cicerone. Filosofo significa “amante della sapienza”, ma questa definizione è, a sua volta, scolastica e limitativa. Non si tratta soltanto di amore, ma di una ragione di vita: carne, ossa e un cuore pulsante. Questo è ciò che rappresenta la filosofia per un vero filosofo.
La leggenda narra che Pitagora, interrogato su come si definisse, rispose di non essere né un sapiente (σοφός) né un ignorante, ma un filosofo: una persona che cerca la sapienza. Questo termine, in contrasto con il titolo di “sapiente”, indicava umiltà e un atteggiamento di continua ricerca del sapere, piuttosto che una presunzione di possederlo.
Se questa definizione ebbe tra gli antichi la massima importanza ed era un obiettivo difficile da raggiungere, che richiedeva un giusto atteggiamento linguistico e comportamentale; in età moderna, invece, con la nascita o meglio rinascita della scienza, il termine “filosofo” è stato spesso denigrato, etichettato come sinonimo di chi vive tra le nuvole e non ha a che fare con la realtà pratica.
Questo pregiudizio appartiene a chi è privo di dottrina ma anche a chi crede di possederla, e non è mia intenzione cercare di far loro cambiare idea. Basti dire che ogni sapere umano è, in ultima analisi, una derivazione dalla filosofia. Chi conosce questo passato lo sa già, e sottolinearlo non aggiunge nulla al loro sapere, chi invece lo ignora è quasi sempre deciso a rimanere chiuso nelle proprie convinzioni e se non serve bastonare un mulo per farlo parlare, al pari non serve argomentare con uno stolto per farlo ragionare.
Cos’altro posso aggiungere?
Mi azzardo a dire che tutte le storie da me narrate sono ancora attualissime, realizzate con impegno e nel corso di un lungo periodo. È vero che impegno e tempo non sono sinonimi di risultati positivi, ma l’unico modo per verificarlo è sottoporsi alla prova: per me scrivere, per voi leggere.
- Nel “Bellerofonte” emerge l’essere umano che supera i propri limiti, spinto dall’arroganza e dall’incoscienza;
- “I Demi” si riflette sulla nostra realtà politica;
- In “Milone” si esplorano i risultati della costanza negli impegni presi, che siano essi sportivi o scolastici;
- In “Politoskaja”, pubblicato nel 2020, si anticipa ciò che sarebbe accaduto riguardo alla guerra tra Russia e Ucraina;
- Nella “La Ragione di Savio” ci si interroga sulla “giusta azione” da compiere di fronte a un omicidio.
